Mi alzo la mattina e faccio quello che mi piace.
Riccadonna il suo mestiere lo ha imparato a bottega, come si faceva un tempo. Ha cominciato in analogico, come non si fa più. Ma soprattutto è partito copiando da quelli più bravi, come si fa sempre. Non è un problema per lui ammetterlo, perché è un appassionato di storia dell’arte e quindi sa che l’originalità totale non esiste, mentre l’artista ha il talento nel saper mescolare elementi preesistenti e renderli unici.
Per un tratto del suo percorso, la pubblicità è stata il suo lavoro, poi ha cominciato a lavorare per diversi giornali e case editrici importanti, come la Bonelli, e ha trovato un suo spazio nel mercato francese. Ora, in qualità di docente alla Scuola Internazionale di Comics – un incarico che lo aiuta anche con le sue produzioni personali – insegna ai suoi studenti che il fumetto può diventare arte, ma che è prima di tutto un mestiere: un esempio su tutti, che noi capiamo benissimo, è la diligenza con cui un professionista deve consegnare il materiale a qualsiasi costo, al di là della stanchezza, dell’imminenza della scadenza e di cosa gli venga chiesto di disegnare – «del resto i grandi maestri del Rinascimento non sceglievano di sicuro di ritrarre santi e madonne per loro piacere, ma su commissione» – e che proprio questo, avere dei paletti, crea la sfida perfetta per far emergere la nostra creatività.