L’EGGSPERIENCE di Tommaso
Il mio anno da Eggers è volato. Sicuramente complice una pandemia mondiale e conseguente quarantena, ma di fatto è volato ancora prima che potessi capire che stava passando. Eggers è stato per me un percorso nato un po’ dal caso, schiusosi di fronte al mio viso come un uccellino nel suo nido. E se è vero che una rondine non fa primavera, è vero che le ore passate su quella sedia vicino all’ingresso mi hanno reso una persona nuova. Ho iniziato a scrivere in maniera totalmente diversa (chiedete poi a Guido se migliore o peggiore), mi hanno insegnato un mestiere che mai avrei nemmeno immaginato, ho confermato ciò che odio e ho riscoperto ciò che amo. Fra queste cose che ho imparato ad amare c’è la macchinetta del caffè con le sue infinite cialde a disposizione, quella con il beccuccio di destra che spilla un caffè leggermente più lungo. Ah, certo, inoltre ho sviluppato una passione strana e malsana per le Body -copy. Ho vissuto lo stress di quelle giornate in cui dalla tastiera escono solo orrori lovecraftiani, che se il cliente li leggesse chiamerebbe direttamente il SERT. Ma ho anche gioito nel beccare la frase giusta al momento giusto, e, giuro, una volta è successo al primo tentativo. Ho vissuto una bella scala di colori emotivi, che però elimina il grigio, perché, in fondo, non c’era tempo di annoiarsi. E, poi, la cosa più importante. No, non è il calcio balilla o il Glovo in consegna all’ora di pranzo. Sono le persone che mi hanno spinto e guidato, con cui ho riso e da cui sono stato deriso per le castronate più varie, colleghi che piano piano ho avuto l’onore di poter chiamare amici. E so che questa Eggsperience inizia a suonare come la sigla d’addio dell’orso Bear nella grande casa blu, ma le ore passate ad ascoltare musica insieme, a discutere del futuro davanti a un sushi, a bere mentre Torino va a dormire e, soprattutto, a confrontarsi ogni mattina sulle idee più assurde, mi mancheranno terribilmente. Sono entrato in Eggers come un ragazzo semplice, nessun super potere, nessuna dote magica e, ora che sono uscito, ancora non ho né bacchetta né vista laser. Però al primo super cattivo che mi sbarrerà la strada potrò dire che la penna ne ferisce più che la spada e, al massimo, potrò chiamare i miei amici Eggers così da pestarlo come si deve. È anche grazie a loro che dopo un anno in Eggers, alla fine, non sono più il ragazzo che ero, forse sono un giovane adulto. Ok, L’anno da Eggers è volato. Un giorno, mi piacerebbe molto tornarci planando.