L’EGGSPERIENCE di Daniele
Quando sono entrato da Eggers – oramai un anno e mezzo fa – pensavo che un periodo così lungo trascorso a lavorare e a creare in dei campi a me totalmente estranei come i social media, la comunicazione e la pubblicità, fosse ciò che volevo per crescere anche e soprattutto come sceneggiatore (o aspirante tale). Mi ci sono voluti sedici mesi per realizzare che Eggers non era davvero ciò che volevo, ma era ciò di cui avevo bisogno. O, per dirla in un altro modo, io avevo molto più bisogno di Eggers di quanto forse Eggers avesse bisogno di me (balletti durante i pitch a parte). La mia esperienza all’interno di questa factory sperduta nel nulla, tra i peggiori bar di Torino e all’ombra di un cimitero ma provvista di un angolo bar e un biliardino, non è stata propriamente tutta rose e fiori ma mi è servita per capire che come copy sono passibile di denuncia, come creativo pubblicitario tremendo e come ideatore di contenuti una spanna sopra il social media manager di un caseificio in Siberia. Però ho cercato di mettercela tutta, di imparare il più possibile e di godermela. E se oggi ho il coraggio di insultare i payoff terribili dei manifesti pubblicitari, quando leggo delle robe che neanch’io avrei avuto la faccia tosta di scrivere, il merito è soprattutto di Eggers e di Guido. Che mi ha cazziato in tutte le sfumature possibili del cazziatone, ma a cui con il senno di poi sono comunque grato. Cosiccome sono grato a tutti gli Eggers di vecchia covata con i quali ho collaborato, e in generale a tutti i miei compagni di viaggio. Se c’è qualcuno lì fuori che pensa di poter o saper scrivere una bodycopy commovente, un payoff preciso come la freccia di Robin Hood, un piano editoriale migliore di quello della Ferragni o , molto umilmente, si reputa il nuovo Pirella allora si faccia avanti. Eggers potrebbe essere la sua casa, o comunque il posto perfetto da cui partire. Per gli altri come me, invece, non disperate. Potreste comunque scoprire che, in fondo, è meglio una frittata riuscita male ma saporita, che una padella vuota.
Daniele